“Perché vieni da me?”
Laura – questo il nome che aveva scelto per i clienti – guardò Carlo, steso sul letto completamente vestito.
“Costi meno dello psicologo. E sei più bella“.
“Si, ci credo. Non che mi dispiaccia. Anzi. Non devo spogliarmi, fingere, insomma … E comunque mi paghi. Ma non credo tu non abbia amici con cui parlare e raccontare tutto quello che dici a me. Sei un po’ strano!”
Carlo abbozzò un sorriso. Glielo dicevano in tanti.
“Fino a che pago va bene, no?”
“A me si. Non so a te. Mi racconti dei tuoi sacrifici, delle tue difficoltà a far contenti tutti, moglie figli e fratelli. E mi dici di come questi siano invece ingrati pretendendo sempre di più.”
“Già. Sempre stato troppo fesso. O troppo buono. Mah.” sospirò Carlo.
“Secondo me è altro. Tu fai tutte queste cose perché vuoi un riscontro. Il che è normale. Ma ti esasperi. Tu dai per ricevere gesti, ringraziamenti, gratitudine. Vuoi che gli altri si sentano in dovere d’amarti. E continui a dare senza protestare o dire no. Ma macerandoti dentro. Ti riempi di livore. Da una parte dai e dall’altra li disprezzi perché accettano. Abituandoli a chiedere sempre di più. Dai per essere indispensabile. Aspettandoti gesti che non arrivano. E invece non è così che funziona. Se ami, lo fai con il cuore. Non aspettando un grazie costretto. Se c’è e viene dal cuore è meglio, certo. Ma questo è quello che penso io, sono un po’ cinica scusami.”
Carlo la guardò. “Non scusarti. Lo dicevo che sei meglio dello psicologo. Ci vediamo giovedì?“