La siccità aveva inaridito tutto. Gli animali morivano uno dopo l’altro. A breve le provviste sarebbero finite e con loro la speranza.
Tutto il villaggio pregava con dedizione, ginocchi a terra, lodando le grazie e la misericordia degli dei con tutte le ultime, stremate, forze.
Il grande sacerdote diceva di non perdere la fede: quella era la punizione per i loro peccati, ma gli dei erano onnipotenti e generosi; bisognava continuare a pregare fino a ottenerne il perdono. Tutti chinavano il capo lodando più forte.
Una sola testa non si chinò. Ego era giovane e valoroso, nonostante le privazioni.
«Uscirò di qui, esplorerò le terre intorno fino a trovare con cosa nutrire il villaggio»
Sua madre volle dissuaderlo, come il grande Sacerdote.
«Pazzo! Gli dei non vogliono che usciamo da qui, fuori non c’è nulla, solo orrore e perdizione. Il nostro posto è qui»
Ego aveva paura, ma non voleva restare là, impotente, a guardare il villaggio morire.
Partì e nessuno più pronunciò il suo nome, poiché aveva sfidato il volere degli dei.
Ma al suo ritorno, molte lune più tardi, le spalle cariche di cibo e la voce piena di valli lussureggianti e ospitali, tutti i superstiti si inginocchiarono.
«Perdonaci, ora ti crediamo, sii la nostra guida»
Scosse il capo.
«Non credete in me, o in chi vi parla di dei e castighi leggendari: credete in ciò che vedete, in quello che potete fare con le vostre mani, nei luoghi che potete raggiungere con le vostre gambe. Credete in voi stessi»